La percezione dello scorrere e del valore del tuo tempo è unica ed è diversa da quella degli altri. Tre minuti con i ferri del dentista in bocca non sono uguali a tre minuti passati a giocare con tua figlia o col tuo cane, a discutere con amici o a un concerto degli Iron Maiden.
Quindi, una delle riflessioni che il mio mezzo secolo mi ha portato a fare è cercare di migliorare la qualità del mio tempo. Per riuscirci, l’unica cosa che puoi fare è eliminare tutto ciò che te lo fa “sprecare” inutilmente. Attenzione, anche il concetto di “spreco” è relativo. Quello che per me è fonte di piacere, per un altro rappresenta l’opposto. Ma come dicevo prima, io parlo del “mio” tempo e non del tempo in generale.
Nella mia vita ho trascorso infinite feste comandate e weekend a lavorare, tutte le volte nella convinzione (errata) che ci fosse in ballo l’universo da salvare. Quando è nata mia figlia ho dovuto, per forza di cose, cambiare registro. Con grande riluttanza ho iniziato a far gestire ad altri delle cose che fino a poco prima sembravano impossibili senza il mio intervento. E mi sono reso conto che il mondo andava avanti lo stesso… Imparare a delegare ti fa fare un bel bagno di umiltà ed è fondamentale per crescere.
Ho avuto la fortuna di passare tanti pomeriggi con mia figlia. Un privilegio che non ha prezzo. Ho lavorato sempre tanto, ho corso di più, ma ho trovato energie nascoste che la natura ti sblocca solo quando diventi padre o madre. Mai mi sarei sognato di fare telefonate di lavoro mentre ero ai giardinetti col passeggino o mentre preparavo un passato di verdure. La qualità del mio tempo mi ha ripagato ampiamente di ogni sforzo. Ho fatto riunioni, preparato strategie, firmato contratti, scritto articoli e costituito startup con mia figlia in braccio ed è sempre andata benissimo, soprattutto sentendomi sempre in pace con me stesso. Anche quando decidevo di spegnere il telefono perché c’erano momenti che andavano assolutamente preservati. Mi sono trasformato in un padre prima di tutto.
Ho smesso di regalare energie a chi non se lo meritava ma ho sfruttato ogni ritaglio di tempo per rotolarmi sul pavimento e giocare, per preparare la pappa, disegnare e fare facce buffe. Ho mantenuto saldo il rapporto con mia moglie e come una squadra perfettamente sincronizzata ci siamo dati il cambio in tutto e per tutto a seconda dell’esigenza del momento. Ho selezionato con più attenzione i miei collaboratori e ho imparato a guardarli con occhi diversi. Ho imparato sempre più ad apprezzare le persone vere, imperfette, che vivono, che lavorano duro ma sanno anche staccare e divertirsi quando è arrivato il momento di farlo.
Tutto questo per dire che mi ci sono voluti 50 anni per capire che non faccio il chirurgo e non salvo vite umane e che il mio lavoro credo di riuscire a farlo bene sempre, a prescindere da dove mi trovi. I risultati raggiunti e la stima di persone che stimo, me lo dimostrano ogni giorno.
Certo, in questi anni ho dovuto imparare a fare cose che prima non facevo. Ho chiuso riunioni dopo cinque minuti quando mi rendevo conto di avere a che fare con gente furba che voleva solo spillare qualcosa.
Ho salutato in maniera gentile e determinata collezionisti di preventivi che ti mettono fretta perché hanno scadenze vitali e poi spariscono quando capiscono che gratis più IVA non esiste.
Ho mandato a quel paese gente che mi inviava messaggi vocali su WhatsApp all’una di notte, la domenica mattina o all’ora di pranzo pretendendo risposte istantanee convinta di aver comprato anche un padre, un marito e una persona e non un professionista che lavora negli orari stabiliti ma resta inesorabilmente padrone del proprio tempo.
Il founder di una startup l’altro giorno mi ha detto che per lui è normale lavorare così: notte, giorno, Natale e Capodanno. Per carità, in alcuni periodi della propria vita ci può pure stare e io l’ho fatto. Ma pretendere che lo facciano tutti quelli che ti girano intorno è da folli.
È per questo che ho rinunciato a lavorare con lui. Rispettare sé stessi e gli altri sono due pilastri senza i quali non si costruisce nulla, per lo meno, non con il mio aiuto.